C’è un senso di distonia che pervade la pagina evangelica di questa domenica (Gv 2,13-25). Il solito andamento delle pratiche religiose nel tempio di Gerusalemme viene sconvolto e letteralmente rovesciato dall’azione dirompente di Cristo. La furia espressa nei gesti e nelle parole di Gesù lascia un po’ sgomenti, il suo comportamento è insolito e richiama in un certo qual modo l’energia del profeta Elia, pieno di “zelo” per Dio.
Quando la falsità, l’ingiustizia, il male toccano i propri familiari scatta un’energia focosa che vorrebbe difenderli. Allora l’atteggiamento di Cristo diviene più comprensibile: la casa del Padre è diventata un mercimonio che non ha nulla a che spartire con la vera fede in Dio da esprimere nel suo tempio.
Da qui prosegue un dialogo che usa due linguaggi diversi tra gli interlocutori. «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». L’affermazione di Gesù si contrappone a quella dei giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?».
Ma Gesù vuole cambiare completamente prospettiva. Il vero tempio di Dio è lui e in lui anche noi siamo dimora della presenza di Dio, del suo Spirito.
Il suo linguaggio e le sue parole vanno custodite nel cuore perché gli eventi e il tempo faranno comprendere quanto dice. Al contrario, nel luogo destinato per eccellenza al culto di Dio, i giudei misurano le parole di Gesù a partire dalla loro unica prospettiva. E anche quelli che iniziavano a credere nei segni che lui operava fra la gente misurano in realtà la loro fede solo su quanto è tangibile e non sulla persona di Gesù. Ed Egli non si affida di certo alla testimonianza che loro potevano fare di lui.
Forse anche noi dobbiamo riguardare la nostra fede, il nostro modo di accostarci a Dio. Egli è solo colui che deve esaudire le nostre preghiere, oppure è il Signore della vita che ha un disegno d’amore su ogni uomo e ci interpella per camminare dietro a Lui cambiando ogni nostra prospettiva? Ci affidiamo più alle nostre belle devozioni e celebrazioni che appagano i nostri sentimenti o guardiamo a Cristo che rovescia i nostri souvenir spirituali spronandoci a un dialogo profondo col Padre, intriso di fiducia e abbandono in lui da veri figli?
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