Nella domanda dei Sadducei a Gesù (quale dei 7 fratelli sarà il marito della vedova nella resurrezione Lc 20, 27-38) c’è in gioco solo una questione teorica, un cavillo cui si appellano per confutare il Maestro. Si entra nella logica della dialettica sterile che poco interessa a Gesù e poco interessa anche a noi.

Non stupisce, così, la risposta di Gesù: 《Dio non è dei morti, ma dei viventi, perché tutti vivono per lui》. Dunque la posta in gioco è la vita e non la teoria!

O la vita eterna tocca la vita attuale o non ce ne facciamo niente e finiamo per arricchire gli scaffali delle biblioteche con trattati e dispute teologiche che non risolvono le domande ultime di senso e di felicità. La vera resurrezione, oltre a quella che coinvolgerà tutta la creazione ricapitolata in Cristo, è la resurrezione che può avvenire già da ora nella nostra vita spirituale perché  il rapporto con Cristo è il tocco che ci dona una vita nuova.

《Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove》 (2 Cor 5, 17). San Paolo lo spiega bene perché questa è la resurrezione di cui vale la pena parlare. Ed essa si testimonia in gesti di vita eterna.

Negli attidi misericordia spirituale e corporale vivi atti di resurrezione, della vita nuova in Cristo. Quando ami, donandoti senza misura, quando perdoni nel profondo e accetti la realtà senza subirla, vivi la resurrezione.

Quanti di questi segni che spesso non si vedono e non si sentono perché non fanno rumore, eppure edificano il Regno di Dio!

Chi sarà il marito di quella vedova, allora, non ci interessa affatto! Conta molto di più vivere il Cielo, l’eternità,  già qui in terra (e che proseguirà certamente nella vita da risorti) come ci insegna Santa Elisabetta della Trinita’ di cui abbiamo appena celebrato la memoria.

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