“Che cosa cercate?”. Il Vangelo di questo domenica (Gv 1,35-42) interroga ciascuno di noi. In greco zéteó indica il cercare per trovare, avere uno scopo da raggiungere. La domanda di Cristo ai discepoli è incisiva e scava nel profondo, proprio come fa il suo sguardo che li fissa negli occhi e vi entra dentro.
Cosa cerchi?
A questo interrogativo non basta rispondere in modo vago: la felicità, l’amore, il successo, la salute… No, questa domanda esige una risposta chiara e personale, non qualunquista. Dentro alla risposta, infatti, ci deve essere tutto quello che siamo e per cui fatichiamo nella vita. Ci deve essere lo specifico della vocazione personale di ciascuno di noi, lo specifico posto nel mondo che capisco di essere chiamato a portare avanti con generosità e responsabilità.
Di fronte a quella domanda probabilmente i discepoli non sapevano nemmeno cosa cercavano veramente. Di certo erano andati da Gesù perché glielo aveva indicato il loro maestro Giovanni, ma ci vorranno tre anni di condivisione con lui e di cammino insieme verso Gerusalemme per comprendere cosa realmente cercavano. E solo dopo la Resurrezione saranno mandati ad occupare il loro specifico e vero posto del mondo.
Il nostro desiderio matura e si comprende nel cammino e non sull’onda dell’entusiasmo iniziale. Ciò che importa è non smettere mai di cercare.
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