È tempo di coronavirus. È tempo di restare a casa. È tempo di non abbassare la guardia. È tempo di guerra e di trincea. È tempo di riapertura. È tempo di…
È tempo, ho pensato, per me, di dare voce ai pensieri, ai sentimenti che attraversano il silenzio e il tumulto che da esteriore passa ad essere interiore e viceversa in un altalenante momento che talvolta rischia di cullarsi in un presente che sfugge o rimane immobile in attesa di un dopo.
La voce si fa chiara e determinata. È tempo… è semplicemente il tempo, è il kairos, il tempo opportuno, per me, per te, per ogni uomo che vive sulla faccia della terra e paradossalmente è kairos anche per quelli che questa terra l’hanno lasciata e hanno raggiunto la dimora del tempo senza tempo.
Proprio per non giocare su un’altalena tra pessimismo e attesa, tra il “tutto andrà bene” e la paura che tutto si protragga per un tempo troppo lungo e troppo indeterminato, occorre davvero non perdere questo tempo tanto difficile quanto prezioso.
Penso allora a me, a te, a noi consacrati, con i conventi chiusi, le scuole sospese, ogni attività congelata o rimandata e mi domando qual è il senso, che senso ha la mia vita di consacrata in questo tempo. E qui la voce se la prendono i pensieri più profondi, quelli che abitano più il cuore che la mente.
In questi giorni sui social girava una immagine di un tizio che diceva a Dio: “Ti abbiamo chiuso tutte le chiese” e Lui rispondeva “Io ne ho aperta una in ogni casa”. Ecco il senso di una vita consacrata, donata a Dio perché Lui possa farne le sue mani, i suoi occhi, la sua bocca, i suoi piedi. La voce si fa più potente e chiara e, giorno dopo giorno, sempre più gioiosa e carica di speranza. È l’esperienza che sto vivendo con la mia comunità, non di chiusura, non di sospensione poiché alle porte chiuse del mio convento, al portone chiuso della mia scuola si è aperta una finestra su ogni casa dalla quale ogni famiglia può entrare e uscire in ogni momento del giorno e della notte. È la finestra della comunione, quella che non conosce muri, distanze, restrizioni, strutture; è la comunione nella SS. Trinità, è l’esperienza viva della relazione continua del Padre col Figlio nello Spirito.
È vero, in questo tempo io non mi sono fermata e come insegnante oggi lavoro, in maniera diversa, come o più di prima, ma una differenza sostanziale la riconosco e la vivo proprio stando a quella finestra perché in questo kairos c’è un dono immenso, quello di una vita piena della pienezza della Pasqua, di una vita autentica carica di speranza perché fondata non sulle esperienze fugaci e sulle cose effimere; queste sono inglobate in quella esperienza dello Spirito, dono del Risorto e in esso trovano completezza e compimento tutte le cose che facciamo, dalle più piccole e insignificanti a quelle più grandi e importanti.
I pensieri si acquietano, non tacciono, diventano preghiera e contemplazione dell’Amore infinito di un Dio che come un Padre raduna tutti i suoi figli, oggi paradossalmente ancora più vicini, in quell’unica famiglia che è la Chiesa. Allora è tempo di… tenere alto lo sguardo, di guardare oltre quella finestra, attraverso cui l’entrare e l’uscire sono interscambiabili in un oltre che immette gli uni negli altri e attraverso cui il tempo e lo spazio perdono la consistenza umana offrendo già ora il gusto del tempo senza tempo che è l’eternità.
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