Quale significato spirituale può avere per noi il verbo”restare”? Quando si resta vuol dire che si sta fermi, che non ci si muove dalla posizione in cui ci si trova. C’è una sensazione di immobilità. Invece non è così o, per lo meno, lo è solo in parte. I maestri di vita spirituale ci insegnano che quando ci si trova in una situazione di crisi, nella quale si è portati a mettere tutto in discussione, fino a mettere in dubbio la propria scelta di vita, di lavoro o altro, è necessario restare fermi dove si è senza prendere alcuna decisione importante. Anzi, fare ancora meglio quello che si sta facendo nella scelta attuale. Ci insegnano, cioè, a non essere sprovveduti. Prendere una decisione in tempo di crisi rischia infatti di portare a fare scelte non consapevoli e senza un vero discernimento. Quindi si corre il pericolo di compiere scelte importanti sulla propria vita e poi scoprire di aver sbagliato tutto. Ora. Restare assume così un significato propedeutico alle scelte oculate e “pregate”. Restare vuol dire rimanere, ma non in modo statico e passivo. È il rimanere del seme nel terreno in attesa di germogliare. Si resta per poi ripartire in modo nuovo, trasformati. Perché ogni crisi produce dei cambiamenti, fa maturare incredibilmente. “Rimanere” poi è un verbo che piace tanto a Gesù. Lo chiede sempre ai suoi discepoli: “Rimanete nel mio amore”, “restate qui e vegliate con me”. Allora restare, rimanere, assume una connotazione ben diversa da quella che spesso si pensa. Non è una reclusione forzata, una immobilizzazione coatta o una privazione. “Restare” offre la possibilità a ciascuno di noi di custodire e preparare scelte preziose per la nostra vita, per il tempo dell’uscita nell’attività. Solo così, ci dice il Signore, si può portare frutto.
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