carmelitana e fondatrice della Congregazione “Suore Carmelitane di S. Teresa di Torino” e del Monastero claustrale di Cascine Vica
La Serva di Dio, Madre Maria degli Angeli, al secolo Giuseppa Margherita Operti è nata a Torino il 16 novembre 1871 da mamma nobile, Adele baronessa Sinaglia e da papà Giacomo, alto funzionario delle dogane del Regno Unito d’Italia. Giuseppina – così verrà sempre chiamata in famiglia e in società – è cresciuta in un ambiente domestico culturale sano e profondamente cristiano, affettuoso, aperto alla politica e al sociale, soprattutto verso i poveri e le persone umili. Fu educata prima di tutto in famiglia poi, in età scolare, negli ambienti religiosi torinesi del tempo.
A proposito di educazione, Giuseppina racconta nei suoi diari e nella cronistoria, che alla domenica tutta la famiglia, insieme, andava a Messa: papà e mamma, Ernesto e io. È molto plastica, oggi, questa icona di una famiglia tutta intera che va a Messa insieme, ogni domenica. E il papà, uscito da Messa, portava tutti i suoi cari in pasticceria a gustare le specialità dell’arte bianca torinese, e intanto acquistava sempre un dolce, perché diceva: anche a tavola si deve vedere che è il giorno del Signore!
L’educazione cristiana in famiglia è stata determinante per la formazione della personalità di Giuseppina, come lo è, del resto, per tutti i giovani, soprattutto quando si prospetta il tempo del discernimento professionale e vocazionale: l’educazione ricevuta in famiglia certamente incide sulle scelte per la vita, nella società e nella Chiesa.
Oltre alla gioia della domenica, Giuseppina ricorda sempre volentieri nei suoi scritti la vita serena in famiglia: giochi, gare, passeggiate, escursioni, pellegrinaggi, letture piacevoli, visite gradite, ma anche il lavoro manuale guidato sapientemente dalla mamma che la orientava ad esso come educazione femminile e strumento di santificazione.
Preghiera, gioia e lavoro sono i tre elementi che in famiglia hanno formato la futura Madre Maria degli Angeli e sono allo stesso tempo le caratteristiche dello stile di vita che voleva vedere in tutte le sue figlie, nella realizzazione della spiritualità e del carisma carmelitano teresiano che la Madre ha voluto imprimere nell’Istituto.
Non ancora quattordicenne, Giuseppina purtroppo dovette fare l’ esperienza di sorella morte: perse il fratello Ernesto appena ventenne e tre mesi dopo il papà che non riuscì a sopravvivere al dolore della morte del figlio. Iniziò per lei un periodo impegnativo di vita accanto alla mamma: la accompagnava sempre nella cura e amministrazione dei possedimenti di Torino e di Marene dove risiedevano vastissimi terreni e beni immobili. La seguiva nei pellegrinaggi presso alcuni santuari del Piemonte e d’Italia, la aiutava nelle opere caritative e nella cura dei paramenti delle due parrocchie di Torino e di Marene.
Giuseppina Operti a 15 anni: futura Madre Maria degli Angeli, Fondatrice della Congregazione Suore Carmelitane di S. Teresa.A 15 anni, durante un pellegrinaggio al santuario della Madonna di Oropa, ebbe un primo approccio con il Carmelo attraverso la proposta di don Filippo, fatta alla mamma, di entrare nel Terz’Ordine Secolare carmelitano. Fu afferrata subito dalla ricchezza della spiritualità teresiana che diverrà la strada maestra della sua vita e delle due famiglie religiose da lei fondate: quella delle carmelitane di vita contemplativa-attiva e un monastero contemplativo claustrale. Il primo, quello delle “Suore Carmelitane di S. Teresa” viene fondato nella casa paterna di Marene il 6 luglio 1894.
Giuseppina non voleva farsi suora di vita attiva, perché fin dalla sua entrata nell’Ordine Secolare Carmelitano sentì la chiamata del Signore alla vita claustrale, nella preghiera prolungata e nel silenzio del chiostro, ma finché era in vita la mamma, non poteva pensare di lasciarla sola. Perciò diede la sua prima risposta al Signore obbedendo ai Superiori ecclesiastici della diocesi: Arcivescovo, Segretario, Vicario della parrocchia di Marene, Direttore spirituale e altri sacerdoti amici di famiglia, che le chiedevano di aprire in Marene un orfanotrofio o educandato a vantaggio delle bambine bisognose, abbandonate e senza educazione.
Intanto però la gente del paese si dilettava a fare gossip – come si direbbe oggi – cioè a chiacchierare e a fare pronostici sul suo futuro invidiabile, ma non aveva capito che non c’era di fianco a lei un principe azzurro terreno e che il suo principe azzurro era un altro, che l’aveva già fidanzata a sé e la voleva sua sposa per sempre, ma come?
Casa paterna della Famiglia Operti, sede della fondazione dell’Istituto in Marene (Cn).La futura fondatrice iniziò un dialogo serrato con il suo Signore, per capire cosa egli volesse e se doveva rispondere “sì” alla fondazione di un Istituto. Trascorse un tempo lungo di preghiera e di riflessione, chiedendosi anche perché fosse rimasta sola, unica erede di una grande ricchezza alla quale si era aggiunta quella della zia, damigella Margherita (una dei 17 fratelli e sorelle del papà), morta improvvisamente.
Dopo la tempesta e il turbamento arrivò la quiete, dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero (1Re 19,12) e la Madre capì che doveva compiere questo grande gesto di carità nella Chiesa, rinunciando, almeno per il momento, alla realizzazione del suo più grande desiderio. E decise di mettersi docilmente nelle mani dei Superiori per essere strumento di edificazione di un nuovo tabernacolo nella Chiesa di Torino.
Giuseppina era anche consapevole delle problematiche del tempo. A partire dal 1848 – quando il clima politico italiano ed europeo si fece più acceso, cominciarono le riforme e ci si avviò a grandi passi verso l’unificazione italiana – lo Stato sabaudo cominciò a prendersi a cuore il tema dell’educazione e dell’istruzione delle classi popolari, perché era un mezzo importantissimo per formare i futuri cittadini. La pubblica istruzione non fu più lasciata all’iniziativa dei Comuni ma divenne un servizio garantito e controllato centralmente dal Ministero della Pubblica Istruzione e lo Stato liberale e laico, guidato dall’efficientissimo Cavour, si preoccupò di togliere ai sacerdoti e ai religiosi il ruolo di primo piano assunto nel campo scolastico. Crebbe così una certa ostilità da parte dello Stato nei confronti delle istituzioni educative cristiane, ma ciò non impedì la loro proliferazione, anche nella seconda metà del secolo.
I Superiori ecclesiastici sperimentavano infatti che vi era una “fascia” educativa della quale lo Stato non era ancora in grado di occuparsi: le orfane, le ragazze e i giovani mandati in città a guadagnarsi il pane, i figli in età prescolare delle famiglie di condizione più misera, per i quali vennero aperti numerosi “asili” dove venivano accuditi mentre le mamme si recavano al lavoro.
A questi “ultimi” pensavano le famiglie religiose (a partire dai più conosciuti Salesiani di Don Bosco fino alla nostra piccola Congregazione), che sorsero numerose proprio per dare una risposta di carità a tante necessità, sofferenze e povertà cui diversamente nessuno avrebbe badato.
Giuseppina allora iniziò, insieme alla mamma, l’opera delle orfanelle, dedicando l’Istituzione a San Giuseppe, figuraS. Teresa di Gesù con la Madonna e S. Giuseppe: S. Teresa di Gesù Riformatrice del Carmelo, a cui Madre Maria degli Angeli si è ispirata nella fondazione della sua Congregazione di vita apostolica-contemplativa. tanto cara al Carmelo secondo l’esperienza di S. Teresa di Gesù. Non mancarono difficoltà, preoccupazioni, sconforti, malattia e anche la morte di una bambina del collegio, calunnie della gente di Marene che gettava discredito e disistima sull’opera della Madre e dell’Istituto. Ma insieme a questo cammino di croce, diciamo… con il concime della prova e della sofferenza nascono, crescono e fioriscono opere nuove: l’Istituto allarga gli orizzonti e i pioli della sua tenda. La Madre è obbligata a correre di qua e di là per far fronte a tutto, mentre il suo cuore desidera silenzio, nascondimento e preghiera, perciò continua a ripete dentro di sé: Signore, cosa devo fare? E il Signore le faceva capire che quello che sta facendo era la sua volontà, era ciò che egli voleva, e che il suo chiostro doveva essere il suo cuore.
Giuseppina educa così anche le sue figlie, a contemplare Dio mentre compiono la sua volontà nel servizio quotidiano: questa è la preghiera contemplativa, è la preghiera del cuore durante tutta la giornata, è la preghiera carmelitana che diventa vita di orazione.
Intanto nel 1895 scade il tempo della permanenza di due religiose che Giuseppina aveva preso in prestito, per avviare la sua Fondazione, dal Carmelo di Genova, una delle quali, Madre Teresa, rimane per sempre nell’Istituto della nostra Fondatrice. L’altra, Madre Flavia, deve far ritorno al suo monastero entro il mese di dicembre. Così, per una seconda volta, i Superiori ecclesiastici chiedono a Giuseppina di prendere in mano l’Istituto, consacrandosi a Dio in questa famiglia religiosa, secondo le Costituzioni stese da lei stessa sulla falsariga delle prime Costituzioni dei monasteri di S. Teresa d’Avila. Ancora una volta Giuseppina vede in questa richiesta dell’Arcivescovo la volontà di Dio e la segue. Il 16 marzo 1895 veste il santo abito del Carmelo e prende il nome di Sr. Maria degli Angeli. Tre giorni dopo, il 19 marzo, solennità di San Giuseppe, si consacra a Dio con i voti perpetui, nella vita comunitaria dell’Istituto da lei stessa fondato e ne prende le redini.
Anche la mamma, che già l’aveva seguita fedelmente nell’opera della fondazione dell’Istituto per le orfanelle, si consacra a Dio. È particolarissimo il rapporto che intercorre tra le due: la mamma chiama Madre la figlia; la figlia chiama sorella la mamma. Certamente è stato un rapporto rispettoso, sereno, anche utile per le capacità amministrative e domestiche non comuni della mamma, ma sarà stato anche un impegnativo esercizio di ascesi, di autocontrollo e di mortificazioni del cuore, per la scelta che avevano fatto di essere ciascuna di Dio solo, e per l’esempio che dovevano dare alla comunità, di distacco dalle cose terrene. Furono anni molto belli, ricchi di iniziative, di preghiera, di sacrifici per la crescita dell’Istituto. Ma la mamma, che nel giorno della professione aveva ricevuto il nome di Sr. Maria Giuseppina di S. Teresa, morì il 18 ottobre 1904. Il Signore raccoglie un primo frutto prezioso mentre l’Istituto si va ingrandendo. Infatti moriva proprio a Torino dove tre giorni dopo si inaugurava una grande scuola con annesse opere parrocchiali, in Via Principi d’Acaja. Moriva santamente ringraziando il Signore per tutto ciò che nella sua vita da Lui aveva ricevuto.
Intanto la vita continua e il 3 maggio 1905 viene convocato a Torino il primo Capitolo Generale, durante il quale Madre Maria degli Angeli rinuncia alla nomina di priora a vita e di ogni altra carica. Ottiene di entrare in noviziato per “insegnare con i fatti ciò che aveva tentato di inculcare con i consigli”, leggiamo nella cronistoria della Congregazione. Durante il ritiro nel noviziato, sempre più convinta di aver terminato il suo compito di fondatrice, Madre Maria degli Angeli sente riemergere in sé l’antico e mai sopito desiderio di abbracciare la vita contemplativa claustrale. Ne parla con i superiori i quali, vedendo la Congregazione in mani solide e avendo intuito il significato della sua rinuncia a priora, ritengono di non doversi più opporre a ciò che sembrava disegno di Dio. Il 26 agosto 1905, Madre Maria degli Angeli entra nel monastero carmelitano di Moncalieri (To), fondato dalla sua omonima, la Beata Maria degli Angeli (1661-1717). Dopo pochi mesi tuttavia è costretta a uscire a causa della fragilissima salute. Ritornata nella Congregazione, tra la gioia più grande delle sue figlie, viene nominata Superiora Generale, compito che Madre Maria degli Angeli accetta unicamente per guidare le sue Suore verso la santità. Ma la vita della Congregazione è tutt’altro che tranquilla: diverse suore chiedono di entrare nella clausura di Moncalieri. Si pone quindi il problema: che cosa vuole il Signore? La Congregazione è destinata a incrementare i monasteri di clausura? Dopo tanta preghiera, sondaggi, visita della Madre nelle comunità, si fa strada la soluzione della divisione dell’Istituto in due rami. Questa soluzione era stata ventilata anche durante la visita apostolica di Mons. Mauro M. Serafini, Segretario della Sacra Congregazione dei Religiosi che, pur costatando il fervore spirituale della Congregazione, sosteneva che sarebbe andato tutto bene finché ci fosse stata la presenza della Fondatrice, ma che l’orientamento di alcune per la vita claustrale e di altre per la vita attiva, avrebbe creato incomprensioni e crisi vocazionali. Perciò nel dicembre 1909 avvenne lo smembramento in «due rami uscenti da una stessa radice, due ruscelli che scaturiscono da una medesima sorgente» (Dalla Lettera circolare della Madre: 1 maggio 1908). La Madre fondò a Marene un nuovo monastero di clausura sotto la giurisdizione dell’Arcivescovo della diocesi di Torino, Agostino Richelmy, mentre un gruppetto di una quarantina di sue religiose, avendo optato per la vita attiva, si costituivano in comunità sotto la direzione di Madre Giuseppa Vittoria della Madonna delle Grazie e, subito dopo, sotto l’autorità di Madre Teresa di Gesù, che possiamo considerare alcun dubbio, Confondatrice, con Madre Maria degli Angeli e la sua mamma.
Cascine Vica: Grata del coro del monastero verso il presbiterio della Chiesa esterna. Particolare del tabernacolo.A questo punto prendono forma due vite parallele originate dalla stessa Madre, che attingono entrambe alla stessa sorgente, il Carmelo con la sua spiritualità teresiana fondata sull’orazione e sul massimo comandamento: la carità verso Dio e verso il prossimo.
Mentre Madre Maria degli Angeli realizza finalmente la sua vocazione claustrale con 22 sorelle che la seguono, l’Istituto, pur sentendo la mancanza fisica della Madre, saggia e carismatica, come un bimbo appena svezzato (Sl 131) inizia a camminare, reggendosi da solo su una nuova strada di sabbie mobili. Ma il Signore, dall’alto, veglia sulle sue spose carmelitane e le conduce verso nuovi traguardi che segnano l’identificazione piena del proprio carisma attivo-contemplativo.Chiesa parrocchiale di Marene in cui Madre Maria degli Angeli ha emesso la prima professione religiosa e dove ora riposa nella cappella dedicata alla Vergine Maria del Monte Carmelo.
Nel 1914 infatti, vengono riconosciute le Costituzioni dall’Ordinario diocesano; nel 1934 l’Istituto diventa di Diritto pontificio e nel 1941 la Congregazione per la vita consacrata riconosce definitivamente le Costituzioni. Il piccolo ramoscello, nato dall’iniziativa di Dio accolta da Madre Maria degli Angeli, ora allunga i suoi rami, mette foglie e raccoglie frutti: oggi l’Istituto è presente in Italia, in Madagascar, nella Repubblica Centrafricana e in Romania.
Fin qui abbiamo parlato della vita di Madre Maria degli Angeli e della sua spiritualità carmelitano-teresiana. Concludiamo questa prima parte ricordando che la Serva di Dio fa ritorno alla Casa del Padre il 7 ottobre 1949 dopo 40 anni di vita claustrale.
A questo punto forse qualcuno si chiede in che cosa consista questa spiritualità carmelitana che la buona Madre ha voluto innestare nella sua Famiglia religiosa di vita attiva. Ecco un breve cenno.
Che cos’è la spiritualità carmelitana
Intanto si definisce “spiritualità carmelitana” perché ha le sue origini storiche e spirituali sul Monte Carmelo, in Terra Santa, vicino a Haifa. Nelle grotte di questo Monte vivevano gli eremiti nel silenzio e nella contemplazione del Dio vivente e in particolare divulgavano il culto alla Vergine Maria che chiamavano “sorella”. Proprio per questo venivano chiamati “fratelli della Vergine Maria, Regina del Monte Carmelo”, da cui prende nome l’Ordine dei Carmelitani scalzi, al quale è aggregato il nostro Istituto.
Verso la metà del XIII secolo i carmelitani iniziano in Occidente la vita conventuale, fondata sulla preghiera contemplativa, sulla povertà e sul silenzio, ma anche impegnata, vivendo di elemosina, nella predicazione e nell’amministrazione dei sacramenti.
Con il passare dei secoli purtroppo questa vita austera andò deteriorandosi, cercando mitigazione ed eccezioni: venne meno la vita di silenzio e di preghiera, di solitudine e di povertà. Si giunge in questo modo fin verso la metà del 1500 in cui, S. Teresa di Gesù e S. Giovanni della Croce rifondarono, per così dire, il Carmelo, riconquistando lo spirito ascetico e mistico di un tempo e il suo senso più vero, quello della vita orante e contemplativa a servizio della Chiesa. Due secoli dopo la rinascita del Carmelo – nel 1700 e per tutto l’800 -, il Carmelo assistette a una grande fioritura di Istituti femminili che si ispiravano a S. Teresa, a S. Giovanni della Croce, e più tardi anche a S. Teresa di Gesù Bambino e altri santi carmelitani. Madre Maria degli Angeli si è ispirata a questa spiritualità, dando all’Istituto un indirizzo specificamente contemplativo ma completamente immerso nell’apostolato nelle scuole, nei pensionati, negli ospedali, nelle parrocchie,nelle missioni e nelle diverse opere di carità, come conseguenza e risultato di una vita di preghiera contemplativa, che non è altro che una ricerca della perenne comunione con Dio, animata e sostenuta da larghi intenti apostolici.
Ma come si può vivere questa comunione con Dio? Come si può dare sempre a Dio il primo posto? Il mezzo più diretto è “l’orazione” che consiste in una assidua meditazione delle cose divine, attraverso la Parola di Dio.
S. Teresa la definisce così: l’orazione è un intimo rapporto di amicizia, un frequente intrattenimento da solo a solo con Colui da cui sappiamo di essere amati (Vita 8,5). Allora l’orazione è un dialogo amichevole di due che si amano e, da soli a soli, si intrattengono: io e il mio Dio! Io che posso raccontare tutto di me a Dio, ma anche posso stare in silenzio e ascoltare lui che mi dice di sé. E cosa mi dice? Mi dice che mi ama! Avviene come quando due si vogliono bene: in un primo momento devono dirsi tante cose, non finiscono mai, poi stanno in silenzio e ascoltano, insieme, quanto si vogliono bene!
È importante ascoltare la Parola di Dio nel silenzio, nel raccoglimento, nella povertà della propria persona: più ci avviciniamo a Lui più vediamo la nostra pochezza, ma più tocchiamo la sua misericordia, la sua paternità e maternità che ci cercano.
È questa la nostra vita consacrata: stare con Dio per amarlo e conoscerlo e per servirlo nei fratelli e nelle sorelle.
Ma per fare orazione occorre trovare spazi di silenzio e il coraggio di perdere tempo per cercare Dio, certi di incontrarlo, perché S. Giovanni della Croce dice che: «se l’anima cerca Dio, molto più il suo amato Signore cerca lei» (Giov. della Croce, Fiamma viva d’Amore B, 3,28), cioè, se è vero che io cerco Dio, molto di più è vero che Dio cerca me: l’importante è lasciarsi trovare. E questa ricerca avviene nella preghiera che diventa comunione con Dio.
Dio però non forza nessuno, e non si dà completamente se non all’anima che completamente si dona a lui, dice S. Teresa di Gesù (Cam. 28,12). È quindi necessario trovare degli spazi nel vissuto quotidiano per coltivare questa conoscenza e amicizia con Colui che ci ama per primo.
L’Eucaristia e l’unione con Dio.
Questo rapporto di amicizia e di comunione con Dio, Madre Maria degli Angeli l’ha vissuto nell’esperienza della persona di Gesù nell’Eucaristia ed è la formazione spirituale che ha cercato di dare alle sue figlie di vita contemplativa e attiva. Come S. Teresa di Gesù aveva identificato il centro della sua vita spirituale e della sua unione con Dio nell’ “umanità di Cristo” sofferente, maestro, fratello, amico paziente e umile, Cristo verità, morto e risorto, così Madre Maria degli Angeli identificò la sua “grazia madre” (così la chiamava) in “Gesù Eucaristia”. La sua unione con Dio passava attraverso Gesù Eucaristia e attraverso Maria sua Madre, che fu la prima a fare esperienza della presenza di Dio in sé, dal momento dell’Annuncio e dell’Incarnazione.
Il programma della nostra vita con l’adorato Gesù – dice la Madre – è molto semplice. Possiamo compendiarlo così: adorarlo con un tenero e pio rispetto, tenendo lo sguardo fisso in lui nel Sacramento; amarlo di un amore personale, appassionato, che escluda qualsiasi altro amore, interesse, preoccupazione e pensiero. Un amore così intenso da indurci a dimenticare tutto e, prima di tutto, noi stesse; un amore che si perda in lui, per riprodurlo, farlo vivere in noi (Vol I, pp 4-5), con la sua divina persona, in luogo del nostro io, a gloria del Padre e a salvezza delle anime.
Sr. M. Clara Antonini
Congregazione Suore Carmelitane di S. Teresa di Torino
Comments are closed